Un paese ci vuole. l’Olearia San Giorgio come esempio di restanza
Antonio Fazari è un agronomo originario di San Giorgio Morgeto, ha studiato nel nostro liceo che, a suo dire, apre molti spiragli per il futuro. Fa parte di una famiglia di agricoltori: la sua azienda, l’Olearia San Giorgio, è nata da un’iniziativa del nonno Domenico, nel 1940. Anche per questo, Antonio ha deciso di studiare Agronomia all’Università di Reggio Calabria, per poi completare gli studi in Spagna, compiendo un dottorato in Scienze Agricole.
Perché ha scelto di investire sul territorio?
«La mia è un’azienda di famiglia e la scelta di continuare quest’attività è la cosa più giusta da un punto vista etico per le potenzialità lavorative che la nostra terra offre. Potremmo vivere solamente di agricoltura e di turismo. Per svolgere una qualsiasi attività, è importantissimo avere una cultura di base e, per formare la propria, è necessario muoversi, spostarsi anche in altri Paesi per conoscere nuove tecniche agricole che possano migliorare la produzione e/o la qualità, per poi tornare presso la propria azienda e mettere in pratica ciò che si è appreso».
Con quali difficoltà si misura quotidianamente?
«L’ostacolo principale è rappresentato da alcuni pregiudizi “culturali” che derivano da una serie di retaggi storici. Un tempo, in Calabria, e soprattutto nella Piana di Gioia Tauro, si coltivava principalmente l’olio lampante (usato per illuminare le lampade a olio), che garantiva l’illuminazione. Nella produzione veniva messa al primo posto la quantità rispetto alla qualità, e ciò portava a produrre ingenti quantità di olio, con qualità scadente. Tutto questo ha alimentato una serie di pregiudizi, tra cui l’idea che l’olio calabrese sia “pesante”, ignorando il fatto che il 90% dell’olio in Italia è prodotto da Calabria, Sicilia e Puglia. Anche per questo, inizialmente, l’olio si vendeva principalmente nel nord Italia, ma poi, superata ogni resistenza, c’è stato un progressivo incremento delle vendite anche a livello regionale. Le soddisfazioni migliori sono arrivate quando chef rinomati hanno iniziato a scegliere l’olio sangiorgese come condimento per i loro piatti: attualmente, l’azienda serve circa 80 ristoranti stellati Michelin in tutto il mondo. L’unica “arma” usata dall’azienda è la trasparenza: è possibile, tra le altre cose, concordare una visita per vedere il processo di formazione dell’olio».
I suoi dipendenti sono felici di lavorare per lei?
«Oltre alla felicità, c’è anche una sorta di “affetto familiare”. Nell’azienda, infatti, è presente la continuità familiare: prima il nonno, poi mio padre, ora noi figli. Ciò è reso possibile dal fatto che possiamo portare avanti un’azienda vicino casa, senza bisogno di emigrare all’estero o al nord».
Cosa pensa della cosiddetta “fuga dei cervelli”?
«Il fenomeno della fuga dei cervelli nasce nel momento in cui i giovani si rapportano col futuro, e decidono il percorso di studi e/o il lavoro che vogliono intraprendere. Se qualcuno ad esempio volesse studiare ingegneria chimica, dovrebbe per forza emigrare o al nord o all’estero, perché in Calabria questo settore è sottosviluppato. L’amore per la mia terra mi ha portato a studiare agronomia. Per chi ha voglia di rimanere, si può consigliare un percorso di studi che possa essere sfruttato nel territorio».
Perché, secondo lei, i giovani preferiscono emigrare piuttosto che restare?
«Dipende tutto dalla prospettiva economica e dalla voglia di accettare la “sfida” di rimanere sul territorio. Penso sempre sia necessario restare, o almeno, provare».
Cosa pensa si debba fare per invogliare i giovani a restare?
«È importante creare un clima di fiducia e cercare di far nascere una certa voglia di intraprendenza nei giovani, anche se ciò è reso difficile dalla burocrazia. In alcune zone d’Italia, è possibile sbrigare una pratica nel giro di qualche ora, qui in qualche giorno (se tutto va bene). Bisogna anche pensare alle bellezze naturali che la Calabria offre, che la rendono una delle regioni più belle d’Italia e del mondo, per cui è importante investire molto sul turismo».
Pasquale Andreacchio
Grazie ancora per avermi invitato, soprattutto grazie al performante Andreacchio!
Ad meliora et maiora semper